giovedì 30 dicembre 2010

"due problemi" o "due *problema"

"abbiamo due *problema".
Un errore non molto comune, ma che appare in produzioni scritte non 'sorvegliate', cioè non curate, per fretta o confidenza con il destinatario.
Ebbene le parole maschili che terminano
con - a - al singolare
(e che sono praticamente le stesse in italiano e in portoghese)
in italiano hanno il plurale in - i -.
quindi
problema, panorama ecc.
al plurale sono
problemi, panorami ecc.
Attenzione però alle parole che sono uguali al singolare sia al maschile che al femminile.
Stiamo parlando di
giornalista, pianista, ecc.
ebbene al plurale seguono la regola e quindi
i giornalisti, i pianisti,ecc.
ma
le giornaliste, le pianiste, ecc.

[ricordiamo che la stessa cosa succede con parole che terminano in - e - e possono avere due generi come per esempio
insegnante
che diventa
gli insegnanti
e
le insegnanti]

mercoledì 29 dicembre 2010

"*oggi sera" o "stasera"

"vado oggi sera"

"*Oggi sera"
traduzione letterale di
"hoje a noite"
semplicemente non esiste in italiano.
Ogni volta che si vuole aggiungere una parte del giorno al sostantivo 'oggi' si deve usare:
'questo/a'
e quindi
"questa sera" e "questo pomeriggio"
oppure, meglio ancora, la forma contratta:
"stanotte", "stasera" e "stamattina"

(non esiste però "*stopomeriggio", al massimo, nell'italiano regionale si può dire "'sto pomeriggio")

quindi
le espressioni portoghesi:
hoje de manhã
hoje a tarde
hoje a noite


vanno rese in italiano con

stamattina
stasera
stanotte


(va ricordato però che notte non corrisponde, dal punto di vists del significato, a noite, perché mentre in portoghese si può dire:
"vamos sair hoije a noite?"
la traduzione deve essere:
"usciamo stasera?"
infatti con 'notte' in italiano, si intende il periodo di riposo notturno.)

martedì 28 dicembre 2010

"*quello ragazzo" o "quel ragazzo"??

"*quello ragazzo che ha parlato con te"

l'uso dell'aggettivo 'quello' fa parte delle difficoltà degli studenti brasiliani di italiano.

Ricapitoliamo:

esistono pronomi e aggettivi dimostrattivi.

i pronomi dimostrativi sono:
quello, quella, quelli e quelle e si accordano, come in portoghese, con i nomi che sostituiscono:

"prendo il tuo libro, quello che hai comprato a Roma"
"è la ragazza di Marco, quella che è venuta a cena con noi domenica scorsa"
"mi piacciono i cioccolatini, soprattutto quelli al caffè"
"comprami due scatole di tonno, ma non quelle che hai comprato l'altra volta"

gli aggettivi dimostrativi, come i pronomi, si accordano con i sostantivi ad essi collegati, ma:

l'aggettivo dimostrativo singolare maschile può essere:
quel, quell', quello
perchè?
perché, in pratica, si comporta come l'articolo determinativo italiano e quindi:
il ragazzo - quel ragazzo
l'albero - quell'albero
lo sport - quello sport

quindi la frase in esame deve essere:

"quel ragazzo che ha parlato con te".

Naturalmente anche gli altri aggettivi dimostrativi si comportano allo stesso modo:

"quella ragazza"
"quell'impicciona"
"quelle penne"

e

"quei ragazzi"
"quegli alberi"
"quegli sport".

lunedì 27 dicembre 2010

"conosceva" o "conoscevo". e l'uso di "già"

"Ho parlato con Gustavo (*già lo *conosceva)"
traduzione, praticamente letterale della frase in portoghese
"Falei com Gustavo (jà conhecia ele)"

Si tratta di un altro errore comune causato da interferenza:
la sovra-estensione della terminazione della terza persona singolare sulla prima persona, comune, in modo speciale, con l'imperfetto e cioè:

"*già lo *conosceva"

invece di

"*già lo conoscevo"

E' un errore che può sembrare banale ma che, soprattutto nel parlato, può creare equivoci e incomprensioni:
"chi è che conosce Gustavo?"

Dall'asterisco davanti a 'già' sappiamo che anche lì c'è un errore e cioè la posizione dell'avverbio 'già' che deve seguire e non precedere il verbo:

"lo conoscevo già"

l'eccezione a questa regola la troviamo nei tempi composti con i quali 'già' va inserito tra ausiliare e participio passato:
"ho già mangiato"

l'uso di 'già' ad inizio frase corrisposnde ad un altro significato:
"già dalla tua faccia ho capito che non vuoi venire"
ossia
"anche solo dalla tua faccia ho capito che non vuoi venire"

domenica 26 dicembre 2010

"buono" o "bello"

"molto *buona questa lezione"

L'uso di buono o bello è un altro argomento difficile per gli studenti.
In questi casi, purtroppo, il dizionario non aiuta molto data la quantità di esempi possibili.

(suggerisco comunque di leggere con attenzione i numerosi esempi del Sabatini Coletti online per

buono

e
bello


Le indicazioni possibili,
da allargare costantemente,
sono che 'buono' deriva, essenzialmente, da 'bontà' e quindi useremo 'buono' per tutto quello che è relativo alla bontà:
un buon amico, un buon padre ecc.

Useremo 'bravo' per tutto ciò che si riferisce a capacità:
un bravo medico, un bravo collega
anche se in questi casi si può,
volendo enfatizzare l'apprezzamento,
dire un buon medico e un buon collega.

'buono' va usato anche per definire un alimento gradevole

Si usa 'bello' invece per tutto ciò che è esteticamente apprezzato, ma il concetto di esteticamente apprezzabile è molto più ampio in italiano e diremo quindi
una bella giornata
il bel tempo
ecc.

e diremo quindi tornando alla nostra frase,

"molto bella questa lezione"

Ultimo suggerimento:
per non incappare in frasi ridicole o incomprensibili,
si può evitare di usare 'buono' e 'bello' quando si hanno dei dubbi e ricorrere invece ad aggettivi più specifici
come per esempio
"molto interessante questa lezione"

venerdì 24 dicembre 2010

"classe" o "lezione"?

"È stata molto bella la prima *classe".

Ecco un errore di interferenza lessicale molto comune.
La parola "classe" , in ambito scolastico, non ha il significato della stessa parola in portoghese.
Vediamo di ricorrere ai dizionari:

italiano:

Nella scuola:
corso d'insegnamento SIN anno: prima classe elementare; ultima classe del liceo;
insieme degli alunni che frequentano lo stesso corso e stanno nella stessa aula: la classe terza A;
l'aula stessa: compito in classe.

portoghese-brasiliano
7 Grupo de alunos ou estudantes de uma escola que se reúnem regularmente para estudar as mesmas matérias ensinadas pelos mesmos professores; aula.
8 Sala de estudos de escola; aula.

portoghese
aula
s. f.
1. Sala em que se recebe a lição.
2. Por ext. Lição.


Quello che ci interessa è l'ultima parte:
in portoghese, per estensione 'classe' significa 'lição',ma in italiano no

quindi

la frase che stiamo esaminando deve essere corretta sostituendo a '*classe' la parola 'lezione':

"È stata molto bella la prima lezione".

giovedì 23 dicembre 2010

uso dei pronomi 2

"lascio subito un messaggio per lei *dicendo che Ø vuoi parlare con urgenza"

ecco altri due errori di interferenza:

"dicendo che"
l'uso del gerundio per sostituire una frase relativa è ambigua e, dipendendo dalla frase, persino incomprensibile.
Nella frase di esempio sembra sia il messaggio che vuol parlare.

l'altro errore è l'omissione del pronome ('LE', in questo caso) perché la frase così com'è non specifica a chi si voglia parlare, sembra che "tu vuoi parlare" e cioè "sfogarti" perché stanco di stare zitto...

La frase corretta è:
"lascio subito un messaggio per lei per dirle che le vuoi parlare"

mercoledì 22 dicembre 2010

uso dei pronomi

"Non *lo so se sapevi gia, per questo ti Ø comunico"

Gli errori nell'uso dei pronomi sono una costante nella produzione orale e scritta di studenti brasiliani.
Vediamo di esaminare la frase citata.

Vediamo anzitutto la frase "non lo so" in usata in modo incorretto.
Questa frase è assimilata quasi subito dagli studenti grazie alla corrispondenza con la regola portoghese-brasiliana dell'attrazione del pronome da parte della negazione e viene usata a proposito e anche, come in questo, a sproposito.
Infatti, anche se in italiano, nel linguaggio parlato, si può usare un pronome prima dell'oggetto a cui si riferisce come in:
"L'ho preso il tuo libro."
in questo caso il pronome 'lo' andrebbe comunque inserito prima del verbo che regge la frase subordinata e quindi:
"non so se lo sapevi già..."

La seconda parte della frase mostra invece un altro errore comune costituito dall'omissione del pronome,la frase:
"per questo ti Ø comunico"
è incompleta e ambigua per un italiano che rimarrà in attesa della comunicazione annunciata senza capire che si tratta invece di quanto già detto.
La frase corretta è:
"...per questo te lo comunico"
o meglio
"... per questo te lo dico"
visto che in italiano il verbo 'comunicare' è formale e burocratico.

martedì 21 dicembre 2010

"se", "sé", "si" o "sì"

"per sapere *si [i corsi] continuano".
Lo scambio di 'se' con 'si' è un'altro errore comune tra gli studenti brasiliani.
Le cause accertate sono
anzitutto l'abitudine fonologica (di cui si è già detto) della riduzione vocalica finale atona in portoghese e
la confusione regnante tra 'se', 'si' e 'sì'.

Vediamo di chiarire:
(usando l'ottimo Sabatini Coletti online)
'se' = congiunzione ipotetica che, come in portoghese, introduce un'ipotesi
"se fossi bello non sarei io"
se fossi bonito não seria eu

'sé' = pronome personale che corrisponde al 'si' in portoghese come in
"è arrabbiato con sé"
está brabo consigo (mesmo)
oppure
"è arrabbiato con se stesso" (senza accento in questo caso)

'si' = pronome personale riflessivo
"lui si sente isolato"
ele se sente isolado
e finalmente

'sì' = avverbio di affermazione che corrisponde al sim portoghese.

La confusione comunque è quasi sempre limitata al 'se' ipotetico e al pronome riflessivo 'si'.

Ebbene in italiano:
'sE' è ipotesi e
'sI' è pronome riflessivo.

(il pronome 'sé' preceduto da preposizione non viene - quasi - mai confuso)

lunedì 20 dicembre 2010

pensare 'di' o pensare 'a'

"pensavo *tefelonare *per la società"
Ecco un'altra traduzione letterale
"estava pensando (em) ligar para a sociedade"
che provoca due errori di cui uno grave. Con grave si intende l'interruzione della comunicazione o il travisamento del significato.

Il verbo 'pensare' non regge quasi mai un oggetto tranne nel caso di frasi fatte quali: "io la penso così".

Il verbo 'pensare' regge sempre una subordinata esplicita:
"io penso che..."
oppure, come nel nostro caso, implicita:
"io penso di ..." .

Quando invece "pensa a qualcosa" ecco appunto la preposizione a che precede la cosa a cui si pensa.

Nel nostro esempio si tratta di una subordinata con lo stesso soggetto della reggente: "(io) penso di (io) telefonare..."

L'errore che abbiamo definito grave è invece l'uso della preposizione per invece della coretta a.

Cosa succede?
Usando la preposizione a indico giustamente il destinatario della telefonata.
Usando invece per, in italiano si capirebbe che la telefonata è fatta per conto della società e non alla società.
O in altro caso si capirebbe che la società è l'argomento della telefonata.

domenica 19 dicembre 2010

"avere" o "essere" (questo è il problema...)

"mi ha detto che il corso *aveva *gia cominciato"
L'uso errato degli ausiliari è anch'esso un'errore comune.
Vi sono due verbi con i quali lo studente di solito si perde più del normale.
Stiamo parlando di 'finire' e 'cominciare'. Infatti questi due verbi, con pochi altri, hanno la caratteristica di utilizzare, nei tempi composti, sia l'ausiliare 'essere' che l'ausiliare 'avere'.
Quando si usa 'essere' e quando 'avere'?
In realtà, con questi due verbi, la spiegazione è facile.
"Io finisco la lezione"
"La lezione finisce alle 9"
al passato:
"io ho finito la lezione"
"la lezione è finita alle 9"
Basta osservare che nel primo caso abbiamo un soggetto, il verbo 'finire' e un oggetto.
Ebbene quando c'è un oggetto (e quindi il verbo è transitivo) si deve usare l'ausiliare 'avere'
(anzi, ricordiamo che nei tempi composti l'ausiliare 'avere' si usa solo con verbi transitivi)
nell'altro caso, visto che 'finire' ha un valore intransitivo si deve usare il verbo 'essere'.
Con il verbo 'cominciare' è la stessa cosa:
"ho cominciato la lezione alle nove"
"il film è cominciato alle nove".

sabato 18 dicembre 2010

"provare il gelato" e "provare a ..."

"Ho anche provato Ø fare la mia *iscrizioni"

[ricordo che il simbolo Ø è un segno per evidenziare la mancanza di qualcosa, in questo caso di una preposizione e il simbolo * indica una parola errata o non esistente]

Abbiamo qui due errori di interferenza dal portoghese brasiliano:
uno sintattico e cioè l'omissione della preposizione tra il verbo 'provare' e l'infinito seguente.
In portoghese, infatti, il verbo experimentar che quasi sempre traduce l'italiano 'provare' non esige la preposizione:
experimentei fazer minha inscrição ed anche
experimentei uma roupa nova
ebbene in italiano il verbo 'provare' quando seguito da un infinito vuole la preposizione a e quindi la traduzione della prima frase diventa:
"ho provato a fare la mia iscrizione"
[e non "di fare" come spesso si scrive]
mentre la seconda frase in cui l'oggetto è un sostantivo è tradotta pari pari:
"ho provato un vestito nuovo".

Passiamo ora a:
"la mia *iscrizioni"

lo scambio di e con i nelle vocali atone finali è un errore comune e ha, essenzialmente due cause:
- l'insicurezza quanto alla morfologia (cioè non sapere esattamente qual è la vocale che indica il plurale
- l'interferenza della fonologia portoghese brasiliano che tende a trasformare in /i/ (in realtà, fonologicamente è una [I]) la finale /e/ atona.

Ebbene in italiano la vocale finale, anche se atona, è una 'marca' che distingue maschile da femminile e singolare da plurale e quindi oltre ad essere scritta in modo correto deve essere pronunciata chiaramente:
'iscrizione' = parola femminile singolare
'iscrizioni' = parola femminile plurale.

venerdì 17 dicembre 2010

"Aspetto un *ritorno"

ecco un'altra traduzione letterale dal portoghese che, pur essendo quasi comprensibile, è abbastanza strana se non ridicola.
"aguardo retorno" è una espressione fatta, cioè una frase rituale da inserire a fine lettera.
Bisogna fare molta attenzione alle frasi fatte, è raro, molto raro, che una frase fatta in portoghese corrisponda alla semplice traduzione in italiano.
In questi casi, grazie all'internet, si possono verificare le corrispondenti frasi in italiano.
Vediamo:
se io scrivo sun motore di ricerca:
"lettera commerciale",
trovo:
"immagini relative a lettera commerciale",
clicco sulla prima immagine e subito vedo che la chiusura della lettera è:
"in attesa di un vostro gradito riscontro..."
Ecco questa è la classica chiusura di una lettera commerciale o formale in italiano.

giovedì 16 dicembre 2010

"mi piacerebbe *di sapere"

Il verbo 'piacere' è una specie di campo minato per i lusofoni.
Anzitutto bisogna ricordare che pur traducendo perfettamente il 'gostar' portoghese la costruzione è quella di 'agradar' ossia la cosa che piace è il soggetto.
Vediamo degli esempi:
"gostaria de uma cerveja"
deve essere adattato con:
"me agradaria uma cerveja"
e quindi in italiano:
"mi piacerebbe una birra".
Se torniamo all'esempio del titolo, in portoghese:
"gostaria DE saber",
è questa la ragione per cui si trasferisce, erratamente, in italiano la preposizione.
Se invece passiamo da:
"gostaria de saber"
a
"me agradaria saber"
anche se risulta un po' strano in portoghese
è facile passare alla frase corretta in italiano:
"mi piacerebbe sapere".

mercoledì 15 dicembre 2010

*volevo riuscire Ø fare

la frase:
"*volevo riuscire Ø fare"
contiene due errori:
uno di concordanza di tempi e cioè l'uso di 'volevo', un imperfetto, per rendere un'azione conclusa nel passato.
Si dovrebbe scrivere:
"avrei voluto riuscire...",
ho usato "dovrebbe" perché comunque l'uso dell'imperfetto in casi come questi, pur essendo errato (ed è bene che lo straniero lo sappia) è usato nel linguaggio colloquiale in italiano,
l'altro errore, questo più grave perché può creare ambiguità per la comprensione è l'errore comune di riportare in italiano la costruzione portoghese :
"queria conseguir fazer",
ebbene in italiano il verbo 'riuscire' esige l'uso della preposizione semplice - a - perché la frase sia corretta e chiara.
Infatti una semplice pausa tra 'riuscire' e 'fare', quando si parla, può far credere ad un parlante italiano che si sta cambiando discorso, come occorre normalmente nel linguaggio parlato come ad esempio:
"volevo riuscire... fare quel che voglio, ecco"

martedì 14 dicembre 2010

"Dopo *di fare"

Tipico errore di interferenza del portoghese brasiliano: "Dopo *di fare questo" o anche "Dopo *fare questo".
In italiano questa costruzione, non comune nel linguaggio parlato, deve essere resa con l'infinito passato e cioè:
"Dopo aver fatto questo...".
Per evitare errori si può ricorrere ad una costruzione molto più comune.
Vediamo un esempio:
"Depois de comer, costumo dar uma volta."
in italiano posso dire, usando un sostantivo:
"dopo pranzo, di solito faccio due passi"
o posso usare il participio passato:
"dopo mangiato, faccio sempre due passi"
ma è una costruzione che non va bene con tutti i verbi, come non va bene con tutti i verbi e situazioni, l'uso del participio assoluto:
"Fatto questo, sono uscito".

italiano antico

La curiosità è un'ottima motivazione per l'apprendimento e sviscerare una ricetta in italiano antico per capirla, trasformarla e realizzarla è un ottimo modo per mantenere alta l'attenzione:

salsa per vivande

la ricetta semplice e antica, tratta da "L'economia del cittadino in villa"
di Vincenzo Tanara, Venezia 1661.
(Reperibile in google libri)

Ecco l'originale:
Con pane abbruscato, fatto bollire in una pignatta con vino rosso,
mosto cotto, e un poco d'aceto, poi passato,
e incorporato con speciarie, pepe, zafferanno,
farai altra peverata da servirsi nel sudetto modo e anche
per le vivande de' giorni da magro.


Prima di tutto, mettiamo tutto in italiano attuale.

Con pane tostato, fatto bollire in una pentola con vino rosso,
mosto cotto, e un poco d'aceto, poi passato,
e incorporato con spezie, pepe, zafferanno,
farai altra salsa piccante da servirsi come detto prima (con la carne)
e anche per le vivande de' giorni da magro (cioè senza carne).

Vediamo di renderla pratica:

Prendi del pane raffermo,
lo metti in forno per 10 minuti,
lo sbricioli,
lo metti in una pentola con un bicchiere di vino,
e un po' d'aceto,
lo fai cuocere fino ad assorbire il vino,
mescoli per bene
per farne una pastella e poi
incorpori pepe, zafferano, noce moscata ed altro,
nella quantità che desideri.

Si usa fredda sul lesso o su verdure cotte.

"All'Italia"

tra breve completeremo una guida alla parafrasi della canzone petrarchesca "All'Italia" di strettissima attualità a sette secoli dalla composizione